Nell'ora mattutina a luna accesa,
appena affiori, geme
l'acqua celeste.
Ad altra foce
più dolente sostanza
soffiò di vita l'urlo dei gabbiani.
Mi trovo di stessa nascita;
e l'isolano antico,
ecco, ricerca il solo occhio
sulla sua fronte, infulminato,
e il braccio prova
nel lancio delle rupi maestro.
Graniti sfatti dall'aria,
acque che il sonno grave
matura in sale.
La pietà m'ha perduto;
e qui ritrovo il segno
che allo squallido esilio
s'esprime amoroso;
nei nomi di memoria: Siliqua
dai conci di terra cruda,
negli ossami di pietra
in coni tronchi.
Deserto effimero: in cuore gioca
il volume dei colli d'erba giovane;
e la fraterna aura conforta amore.