Latomìe


Sillabe d'ombre e foglie,
sull'erbe abbandonati
si amano i morti.

Odo. Cara la notte ai morti,
a me specchio di sepolcri,
di latomìe di cedri verdissime,

di cave di salgemma,
di fiumi cui il nome greco
è un verso a ridirlo, dolce.

In luce di cieli


Dagli stagni salgono nuvole beate;
finirà anche il fuoco dell'aria
nel fermo cuore.

Cara giovinezza; è tardi.
Ma posso amare tutto della terra
in luce di cieli in tenebra di vento;
e, su ogni parvenza, la donna
che mi venne non è gran tempo,
al cui riso mi specchio,
che amore chiamava, sua verde salute.

Così solo, numeri di perduto bene
mi narravo, e giorni,
e, splendenti in remote aure,
acque di selve ed erbe.

Nell'isola morta,
lasciata da ogni cuore
che udiva la mia voce,
posso restare murato.


Sardegna


Nell'ora mattutina a luna accesa,
appena affiori, geme
l'acqua celeste.

Ad altra foce
più dolente sostanza
soffiò di vita l'urlo dei gabbiani.

Mi trovo di stessa nascita;
e l'isolano antico,
ecco, ricerca il solo occhio
sulla sua fronte, infulminato,
e il braccio prova
nel lancio delle rupi maestro.

Graniti sfatti dall'aria,
acque che il sonno grave
matura in sale.

La pietà m'ha perduto;
e qui ritrovo il segno
che allo squallido esilio
s'esprime amoroso;
nei nomi di memoria: Siliqua
dai conci di terra cruda,
negli ossami di pietra
in coni tronchi.

Deserto effimero: in cuore gioca
il volume dei colli d'erba giovane;

e la fraterna aura conforta amore.

Salina d'inverno


Dolcezza, mai dentro mi dormi,
e un giorno fingi di limpida luce
in cui le cose muovano
in limiti precisi:
a fuoco suoni l'albero nel cielo,
e il caro ridere di creature umane.

Salina: gelida. Già fu nel tempo
un segno espresso
il mutarsi dell'acqua
in forma incorruttibile:
alla sua legge trovarsi in armonia.

Ecco, s'acerba disumano il transito
d'uccelli di palude nell'aria vuota
pianto di nuovi nati.

Tra muschi grami, a suppizio
splende la pietra livida:
deriva sull'acqua
una radice naufraga,
una foglia ancor verde
superflua alla terra.

Isola di Ulisse


Ferma è l'antica voce.
Odo risonanze effimere,
oblio di piena notte
nell'acqua stellata.

Dal fuoco celeste
nasce l'isola di Ulisse.
Fiumi lenti portano alberi e cieli
nel rombo di rive lunari.

Le api, amata, ci recano l'oro:
tempo delle mutazioni, segreto.

Sovente una riviera


Sovente una riviera
raggia d'astri solenni,
bugni di zolfo sul mio capo
dondolano.

Tempo d'api: e il miele
è nella mia gola
fresca di suono ancora.
Un corvo, di meriggio gira
su arenarie bige.

Arie dilette: cui quiete di sole
insegna morte, e notte
parole di sabbia,

di patria perduta.

Insonnia (Necropoli di Pantàlica)


Un soffio lieto d'alati
a verde lume discorde:
il mare nelle foglie.

Dissòno. E tutto che mi nasce a gioia
dilania il tempo; un'eco appena
ne serba in voce d'alberi.

Amore di me perduto,
memoria non umana:
sui morti splendono stimmate celesti,
gravi stellati scendono nei fiumi:
s'affioca un'ora di pioggia soave,
o muove un canto in questa notte eterna.
 

Da anni e anni, in cubicolo aperto
dormo della mia terra,
gli òmeri d'alghe contro grige acque:

nell'aria immota tuonano meteore.