Vita nascosta



Filtra l'ora e lo spazio
e non ha luce presagio
nell'abbandono dell'erbe;
e il vento, il fresco vento non versa
telai di suoni e chiarità improvvise,
e quando tace anche il cielo è solo.

Dammi vita nascosta,
e se non sai me pure occulta,
notte aereo mare.

Nafrago: e in ogni sillaba m'intendi
che dalla terra scava il suo spiraglio
e nell'ombra s'allarga,
e albero diventa o pietra o sangue
in ansiosa forma d'anima
che in sé muore,
me stesso brucato dal patire
che m'asserena, profondità d'amore.


L'angelo



Dorme l'angelo
su rose d'aria, candido,
sul fianco,
a bacio del grembo
le belle mani in croce.

La mia voce lo desta;
e mi sorride,
sparsa di polline
la guancia che posava.

Canta; m'assale il cuore,
opaco cielo d'alba.
L'angelo è mio;
io lo posseggo: gelido.


Convalescenza


Farsi amore un'altra morte sento
ignota a me, ma più di questa tarda,
che mi spinge sovente alle sue forme.

Abbandoni d'alga:
mi cerco negli oscuri accordi
di profondi risvegli
su rive dense di cielo.

Il vento s'innesta
docile al mio sangue,
ed è già voce e naufragio,
mani che rinascono:

mani conserte o palma a palma giunte
in distesa rinuncia.

Di te ha sgomento
il cuore secco e dolente,
infanzia imposseduta.


Dammi il mio giorno



Dammi il mio giorno;
ch'io mi cerchi ancora
un volto d'anni sopito
che un cavo d'acque
riporti in trasparenza,
e ch'io pianga amore di me stesso.

Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d'astri
in arcipelaghi insonni,
notte, fraterni a me
fossile emerso da uno stanco flutto;

un incurvarsi d'orbite segrete
dove siam fitti
coi macigni e l'erbe.


Dove morti stanno ad occhi aperti



Seguiremo case silenziose,
dove morti stanno ad occhi aperti
e bambini già adulti
nel riso che li attrista,
e fronde battono a vetri taciti
a mezzo delle notti.

Avremo voci di morti anche noi,
se pure fummo vivi talvolta
o il cuore delle selve e la montagna,
che ci sospinse ai fiumi,
non ci volle altro che sogni.




Isola


Io non ho che te,
cuore della mia razza.

***

Di te amore m'attrista,
mia terra, se oscuri profumi
perde la sera d'aranci,
o d'oleandri, sereno,
cammina con rose il torrente
che quasi n'è tocca la foce.

Ma se torno a tue rive
e dolce voce al canto
chiama da strada timorosa
non so se infanzia o amore,
ansia d'altri cieli mi volge,
e mi nascondo nelle perdute cose.


A me discesa per nuova innocenza





Era beata stanotte la tua voce
a me discesa per nuova innocenza
nel tempo che patisco un nascimento
d'accorate letizie.

Tremavi bianca,
le braccia sollevate;
e io giacevo in te
con la mia vita
in poco sangue raccolta,
dimentico del canto
che già m'ha fatto estrema,
con la donna che mi tolse in disparte,

la mia tristezza
d'albero malnato.


Metamorfosi nell'urna del Santo





I morti maturano,
il mio cuore con essi.
Pietà di sé
nell'ultimo umore ha la terra.

Muove nei vetri dell'urna
una luce d'alberi lacustri:
mi devasta oscura mutazione,
santo ignoto: gemono al seme sparso
larve verdi:
il mio volto è la loro primavera.

Nasce una memoria di buio
in fondo a pozzi murati,
un'eco di timpani sepolti:

sono la tua reliquia
patita.









La mia giornata paziente



La mia giornata paziente
a te consegno, Signore,
non santa infermità,
i ginocchi spaccati dalla noia.

M'abbandono, m'abbandono;
ululo di primavera,
è una foresta
nata nei miei occhi di terra.



Alla Notte



Dalla tua matrice
io salgo immemore
e piango.

Camminano angeli, muti
con me; non hanno respiro le cose;
in pietra mutata ogni voce,
silenzio di cieli sepolti.

Il primo tuo uomo
non sa, ma dolora.


Dormono selve


Matrice secca d'amore e di nati,
ti gemo accanto
da lunghi anni, disabitato.

Dormono selve
di verde serene, di vento,
pianure dove lo zolfo
era l'estate dei miti,
immobile.

Non eri entrata a vivermi,
presagio di durevole pena:
la terra moriva sulle acque
antiche mani nei fiumi
coglievano papiri.

Non so odiarti: così lieve
il mio cuore d'uragano.


Foce del fiume Roja




Un vento grave d'ottoni
mortifica il canto,
e tu soffri a grembo aperto
la voce disumana.

Da me divisa s'autunna
ai moti estremi giovinezza
e dichina.

La sera è qui, venuta ultima,
uno strazio d'albatri;
il greto ha tonfi, sulla foce,
amari, contagio d'acque desolate.

Lievita la mia vita di caduto,
esilio morituro.




Preghiera alla pioggia


Odore buono del cielo
sull'erbe,
piogge di prima sera.

Nuda voce, t'ascolta:
e ne ha primizie dolci di suono
e di rifugio il cuore arato;
e mi sollevi muto adolescente,
d'altra vita sorpreso e d'ogni moto
di subite resurrezioni,
che il buio esprime e trasfigura.

Pietà del tempo celeste,
della sua luce
d'acqua sospese;

del nostro cuore
delle vene aperte
sulla terra.



Autunno


Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d'alberi e d'abissi.

Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:

povera cosa caduta
che la terra raccoglie.


Senza memoria di morte


Primavera solleva alberi e fiumi;
la voce fonda non odo,
in te perduto, amata.

Senza memoria di morte,
nella carne congiunti,
il rombo d'ultimo giorno
ci desta adolescenti.

Nessuno ci ascolta;
il lieve respiro del sangue!

Fatta ramo
fiorisce sul tuo fianco
la mia mano.

Da piante pietre acque,
nascono gli animali
al soffio dell'aria.